“Brazadèl”: il nostro bracciatello

“Pianzì, pianzì burdèl /s’àvlì di brazadèl!” “Piangete, piangete bambini/ se volete i bracciatelli. Era la cantilena, tra ‘800 e ‘900, dei venditori ambulanti di bracciatelli, una sorta di ciambelline con il buco, inanellate in un bastone, proposti nelle piazze durante i giorni di festa. Questo è solo l’inizio di una gustosa e antica storia che l’Associazione dei Forni Malatestiani, in Cesena, ha il piacere di riproporvi.

La storia dei bracciatelli

È una storia antica quella dei bracciatelli, tipico prodotto da forno artigianale, ieri come oggi. Gustosa è anche la derivazione del loro nome. “Bracciatello” da “bracidellus”, o “brazidellus”, termine del tardo latino, intorno all’anno Mille. Il termine deriva dalle modalità di vendita di questo dolce, i rivenditori infatti, durante le feste, erano soliti mettere questi dolci intorno al braccio per proporre al pubblico questa golosità. Da qui, in dialetto romagnolo “brazadèl”.

Se ogni epoca storica ha avuto i suoi gusti, i suoi sapori, è degno di nota che i bracciatelli, nella loro rustica bontà (un impasto di uova, farina e zucchero, quando c’era) abbiano attraversato i secoli fino ai giorni nostri. Nelle antiche cronache, compreso il periodo Malatestiano a Cesena e in Romagna, i bracciatelli compaiono spesso e volentieri. Erano entrati per restare nel nostro costume alimentare. E per scandire poi, in tempi più recenti, il calendario delle ricorrenze liturgiche e delle feste comandate.

Nell’ottocento, ad esempio, era consuetudine – nelle campagne romagnole – che il pranzo del battesimo dedicato al bimbo (o bimba) appena nati fosse celebrato dalla mamma della puerpera con un cesto di bracciatelli, dedicati agli invitati: un bracciatello più grande era invece in onore del parroco. Allo stesso modo, sino ai giorni nostri, i bracciatelli sono ancora dolci beneauguranti, che accompagnano cresime e comunioni.

I bracciatelli, una meraviglia non solo nei giorni di festa sono buoni da gustare soli o inzuppati nell’Albana, nel caffellatte o nella cioccolata in tazza.

 

Fonte: Gabriele Papi per Forni Malatestiani

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